La nebbia di Milano

Denisa Starkman

Il cielo grigio di Milano rifletteva perfettamente l’umore del detective Luca Moretti, il quale stava avendo una giornata no. Aveva dormito poco dopo aver visionato casi ancora aperti e le ore di sonno fatte erano sì e no cinque.
La nebbia, densa e ovattata, avvolgeva la città come un manto, anche in tema con la giornata che si stava svolgendo. I bambini temevano che qualche mostro comparisse loro davanti.
Ai tempi, si viveva un’epoca di fermento e modernità, oltre che segreti non svelati.
I caffè di corso Vittorio Emanuele brulicavano di intellettuali e artisti, mentre i tram diventavano simbolo di un progresso inarrestabile.
Era il 1927, in specifico la notte di Halloween, e la città quella sera era un po’ più rumorosa delle altre, tra i ruggiti delle automobili e il clangore dei mezzi pubblici. Moretti aveva visto ogni tipo di crimine, ma ciò che lo attendeva quella notte prometteva di svelare una Milano scintillante, tanto quanto un’ombra inquietante.
Il detective sempre concentrato dallo sguardo impenetrabile, un uomo alto sulla trentina con capelli neri pece e occhi azzurri, alle 19.30 si dirigeva a passo felpato verso la scena del crimine, tenendo il cappello di feltro a cui teneva così tanto con forza, proteggendosi dalla nebbia.
Aveva ricevuto una chiamata anonima venti minuti prima: un corpo senza vita era stato trovato in un vicolo di via dei Mercanti, nel cuore della vecchia Milano. Il quartiere, con i suoi stretti vicoli e gli edifici antichi, sembrava conservare le storie di epoche lontane, e presto lo avrebbe atteso un racconto di sangue e dolore.
Arrivato sul posto, si accorse di una piccola folla di curiosi, tenuti a bada da qualche poliziotto e si avvicinò al commissario, già giunto.
Da uno scambio di battute scoprì l’identità del corpo, un nome a lui molto conosciuto: Clara Rossi, contessa di quarantasei anni oltre che moglie di uno degli uomini più influenti del momento, l’industriale Giovanni Rossi.
Lei possedeva diverse abitazioni, tra cui una in via Monte Napoleone e un edificio elegante in stile liberty sui Navigli, quindi, il luogo dell’omicidio subito lo incuriosì che si inginocchiò accanto alla donna coperta da un abito color cremisi. Perché non porre fine alla sua vita in una delle sue proprietà? Perché farlo per le vie? Il viso sereno faceva più pensare al fatto che stesse dormendo, ma la pozza di sangue sul ventaglio d’argento diceva ben altro.
”Qualcuno è apparso dietro di lei e l’ha colpita alla testa con un oggetto contundente”, disse il medico legale mentre si alzava. ”Un colpo, uno solo preciso”.
Moretti osservò attentamente l’ambiente circostante, ma non sembrava esserci nulla di strano.
”Giovanni Rossi dove si trova?”, chiese poco dopo.
”Non si trova in città, ispettore. In questo momento sta a Londra per affari.”, parlò un agente.
”Perfetto. Al suo ritorno gli parlerò. Ora, voglio sapere i movimenti recenti suoi e di sua moglie”.
Clara Rossi era una donna ammirata e invidiata. Aveva tutto: bellezza, denaro e una posizione sociale invidiabile.
Che avesse dei segreti? E l’assassino lo conosceva? Erano insieme o l’aveva presa sul serio di sorpresa?
Iniziò ad interrogare amici e conoscenti, partendo da una sua cugina di nome Anna Conti, che aveva scoperto il corpo verso le 18.00 e aveva dato l’allarme.
Molti la descrivevano affascinante e riservata, ma erano in pochi a sapere qualcosa di concreto sulla sua vita.
Presto, un nome iniziò ad emergere, Luigi Martini, un giovane pittore con cui Clara aveva creato un’amicizia stretta qualche mese prima.
Quest’ultimo abitava nel quartiere di Brera. Il giovane uomo accolse il detective con evidente nervosismo, senza neanche preoccuparsi della stanza che era nel caos più totale, piena di tele incompiute e schizzi.
”Signor Martini, che rapporto aveva con la vittima?”, domandò il primo.
”Mi aveva commissionato un ritratto…” rispose con un filo di voce, non potendo evitare lo sguardo di Moretti riprese con la testa bassa. ”Era speciale…ma non aveva gli occhi felici. Mi parlava del marito e dei suoi affari loschi, spesso si sentiva in trappola”.
Lo scambio di battute continuò mentre Moretti si segnò le sue parole, ”E lei l’amava?”.
Martini distolse lo sguardo di nuovo, sofferente. ”Non…non potevo esserlo. Era sposata, irraggiungibile, perciò. Ma volevo proteggerla, ispettore”.
”Da suo marito?”, lo incalzò l’uomo.
Martini esitò, prima di rispondere. ”Non ne sono certo…ma aveva paura. Sono certo che era minacciata”.
Venti minuti dopo, lasciò il pittore nel suo caos e vista l’ora si incamminò verso casa. La situazione si complicava. Se aveva paura, perché non ne aveva parlato con nessuno? E chi avrebbe potuto farle del male?
Quella notte, fu tempo di lunghe riflessioni per lui e, senza neanche rendersene conto, si fece mattina. Alle 10.00, venne informato del fatto che Giovanni Rossi era tornato in città ed era entrato spontaneamente in commissariato.
L’ispettore lo trovò seduto nel suo ufficio, segnato dalla stanchezza. A prova di ciò, le grandi occhiaie che circondavano gli occhi.
”Signor Rossi, le porgo le mie condoglianze. Eppure, devo essere schietto: abbiamo ragione di credere che fosse a conoscenza di attività poco illecite nelle sue imprese. Devo essere messo al corrente di qualcosa?”
Rossi sbuffò, passando una mano sui capelli.
”Attività illecite? È ridicolo! Clara non c’entrava nulla con i miei affari!”.
”Eppure, sembrava turbata da qualcosa. Aveva paura di qualcuno.”
L’industriale non riuscì a nascondere l’irritazione.
”Clara era sensibile, si spaventava fin troppo. Ma non esiste nessun mistero, la sua morte si tratta solo di una tragica fatalità.”
Moretti non era convinto, sentiva che stava nascondendo qualcosa. Tornato al commissariato, le indagini andarono avanti per giorni finché la svolta la ebbe dalla banca. Le ricerche lo portarono ad un albergo di lusso sul lago di Como. La receptionist gli disse di una stanza prenotata a nome di Clara ma al suo posto ci era andato Luigi Martini. Fu allora che capì tutto. Tornato a Milano arrestò Giovanni Rossi, il quale era a poco così dallo scappare. Si era
scoperto che le sue imprese erano solo una copertura, faceva parte della mala milanese ed aveva affari illeciti con molte personalità di spicco e non solo. Aveva commissionato ad alcuni suoi tirapiedi di uccidere la moglie, in modo che non potesse rivelare ciò che sapesse o che scappasse. Essendo a Londra non avrebbe potuto farlo lui, inoltre, sarebbe stato prevedibile se avesse agito. Era più sicuro, quindi, fingere di essere innocente e poi fuggire, in modo da andarsene prima di ritrovarsi incarcerato.
Ormai il buon e bravo Luca Moretti lo sapeva molto bene, nonostante si stupisse sempre: ogni sorriso poteva essere apparenza, nascondere un pugnale.
Nelle ombre dei vicoli, nuovi segreti e misteri, aspettavano solo di essere svelati.
Mentre andava verso casa, era cosciente che il confine tra bene e male era sottile come un
filo di nebbia. La quale, a proposito, iniziò a diradarsi e, per un momento, Milano sembrò respirare di nuovo.