Nozze di porcellana

Elisabetta Amoroso

Valeria si sposta nervosa tra cucina e sala da pranzo, ormai è tutto pronto, la tavola è apparecchiata in modo impeccabile, la cena ha bisogno solo di piccoli ritocchi prima di essere servita e suo marito è di nuovo in ritardo.
In ritardo anche stasera che è il loro ventesimo anniversario di matrimonio. Se ne sarà dimenticato?
Negli ultimi tempi Giovanni rientra tardi dall’ufficio troppo spesso e poi è sempre nervoso e distratto. Quando lei glielo fa notare lui minimizza.
Ha le sue ragioni, ci mancherebbe, il lavoro è stressante e dopo tanti anni di matrimonio non ci si può certo aspettare l’entusiasmo e la passione che animano due giovani sposini.
Eccolo finalmente e non si è dimenticato della ricorrenza. Valeria non riesce a vederlo bene in volto perché le porge un sontuoso e profumatissimo mazzo di rose rosse, le sue preferite.
“Grazie caro, queste rose sono stupende”.
“Sono venti, come i meravigliosi anni che abbiamo trascorso insieme”.
Valeria prende le rose e gli porge un calice di vino bianco bello fresco che lui beve con evidente soddisfazione.
“Grazie, cara, ne avevo proprio bisogno, oggi la giornata in ufficio è stata molto pesante”.
“Allora vai a rinfrescarti, svelto, la cena è pronta”.
Giovanni appende la giacca all’attaccapanni e posa distrattamente il telefono sul tavolo da pranzo prima di recarsi in camera per cambiarsi.
Ha una fame da lupi e il profumo che viene dalla cucina è veramente invitante, la moglie sarà anche una noiosa rompiscatole ma in cucina è insuperabile.
Mentre Valeria è intenta a sistemare le rose in un vaso, il telefono sul tavolo emette il breve segnale della ricezione di un messaggio.
Chi potrà essere? Valeria è curiosa ma sa che sbirciare nel cellulare del prossimo è qualcosa di veramente scorretto anche se il prossimo è il proprio marito.
Però, in fin dei conti, cosa potrà mai avere da nascondere un uomo così banale e prevedibile.
E se poi avesse veramente qualche segreto allora perderebbe ogni diritto alla privacy, è una legge non scritta che nessun marito si permetterebbe mai di contestare.
Il ragionamento non fa una grinza e così Valeria trova l’immagine inviata a Giovanni da Mirella segretaria che la lascia senza fiato e senza parole fino al momento in cui il marito, sorridente e rilassato, rientra in sala da pranzo indossando una comoda tuta da casa.
“Cosa hai preparato di buono per cena, cara?”
E lei seria: “Maiale”.
“Ottimo, avevo giusto voglia di carne saporita”.
“Porco”.
“Sì ho capito”.
“No, non hai capito, sei tu il porco” continua Valeria iniziando ad alzare la voce.
“Cara, cosa ti prende? Sei forse impazzita?”
“Non sono affatto impazzita – porgendogli il telefono – guarda… la segretaria… neanche la fatica di andartela a cercare fuori dall’ufficio l’amichetta…”
“Cara… stai calma, ti posso spiegare…”
“Noi devi spiegare niente, la foto è molto eloquente”.
Il selfie, che ritrae i due fedifraghi in uno scambio di effusioni abbastanza spinte, non lascia dubbi sui loro rapporti, tanto che Giovanni non cerca neanche di negare ma piuttosto di giustificarsi con le più ovvie motivazioni, le prime che gli vengono in mente, evidentemente non era preparato alla possibilità di essere scoperto.
“Dai cara, non farne una tragedia… può succedere… la crisi di mezza età… una relazione senza significato, anzi non è neanche una relazione… ecco… è come se andassi in palestra, per tenermi in forma…”
Valeria replica ai farfugliamenti di Giovanni con inaspettata calma e freddezza:
“Allora ascolta bene: prepara la valigia alla svelta ed esci da questa casa, anzi, ancora meglio, la valigia la preparo io e me ne vado questa sera stessa”.
Certo, Giovanni non poteva aspettarsi un perdono immediato ma il fatto che la moglie se ne vada di casa, così su due piedi, non gli piace e lo insospettisce.
“Ma dove vai? Così… da sola… è tardi… hai tutte le ragioni di essere arrabbiata ma cerchiamo stare calmi e parliamo…”
“Dove vado non ti riguarda e se vuoi parlare lo farai direttamente con il mio avvocato”.
Valeria va in camera a preparare la valigia, ha intenzione di chiedere a Flavio di ospitarla per qualche tempo, lo chiamerà subito per avvisarlo che sarà da lui la notte stessa, la accoglierà a braccia aperte, ne è sicura.
Il telefono è rimasto in salotto e deve recuperarlo immediatamente anche se la disturba anche solo il pensiero di rientrare in quella stanza e rivedere quella faccia di bronzo di suo marito che, infatti, la aspetta, con un sorriso amaro decisamente fuori luogo.
Le porge il suo telefono e le rivolge la parola, sarcastico: “Ecco cara stavi dimenticando il cellulare e … la racchetta”.
“Cosa c’entra la racchetta”.
“C’entra, c’entra… guarda c’è una foto che ti ha mandato proprio ora Flavio, il tuo maestro di tennis… ma guarda che tempismo… bella foto anche questa… manca la racchetta ma il manico c’è… complimenti”.
“Dammi subito il mio cellulare, cretino”.
“Certo cara, che questi millenials sono proprio fissati con i selfie erotici, non trovi?”
“Sì, trovo”.
“Pare che io non sia l’unico ad aver ceduto alle debolezze della carne fresca”.
“Per favore, abbi il buon gusto di stare zitto”.
Zitti entrambi, imbarazzati, in piedi in sala da pranzo senza sapere dove guardare e cosa dire finchè Giovanni rompe il silenzio, accomodante: “Senti, cara, io avrei una certa fame… la cena che hai preparato sarà squisita… come sempre”.
“Spero di sì, ci ho lavorato tutto il pomeriggio”.
“Allora perché non ci accomodiamo?”
Valeria va in cucina e prende un vassoio, lo posa sul tavolo, si servono e iniziano a mangiare, Giovanni si rivolge alla moglie, con un tono sinceramente affettuoso.
“Stasera ti sei superata”.
“Grazie”.
“…e sei bellissima. Sei più bella ora di quando ci siamo sposati”.
“Non dire sciocchezze”.
“Sono sincero e sai benissimo di essere la donna della mia vita, nessun’altra potrebbe prendere il tuo posto”.
“Neanche la segretaria?”
“Per carità! Non sai come sia noiosa quella ragazza, con lei non si riesce a trovare un argomento di conversazione, per non parlare dei suoi gusti musicali …”
“Sono sicura che avrete trovato il modo per passare il tempo”.
“Ho sbagliato ma… c’è stata l’occasione… lei si è proposta in modo sfacciato, anche per non fare brutta figura con i colleghi… ma… questa vita di sotterfugi non fa per me, sono stanco… domani la lascio e le organizzo il trasferimento di ufficio”.
“Prometti?”
“Te lo prometto. E… coso? Mister doppio fallo?”
“Non essere volgare… avevo già deciso di troncare da tempo ma poi… una palla tira l’altra… lo farò anch’io… domani”.
“Cara, mi dispiace tanto… potrai mai perdonarmi?”
“Ci proverò… e tu?”
“Ci proverò anch’io… credo che sia la cosa migliore da fare. Sarebbe un peccato gettare al vento 20 anni di vita in comune”.
“Proprio così, 20 anni, nozze di porcellana, un materiale prezioso e fragile, come un matrimonio di lungo corso”.
“Sai cara ho letto da qualche parte che i giapponesi usano riparare le ceramiche riempiendo le spaccature con l’oro. Nella loro cultura questo è un gesto pieno di significato: credono che qualcosa che rinasce dopo una ferita sia più bello e più prezioso di prima”.
“Sarà così anche per noi due?”
“Spero di sì, anzi ne sono sicuro. Brindiamo ad un nuovo inizio”.
“Va bene. Cin Cin”.
“Cin Cin”.