Ossobuco alla milanese
Marco Maria Vilucchi
– E questo che cosa è – chiese il Commissario Berti indicando una pentola.
Ilaria Corini, giovane chef del ristorante “da Ilaria”, in odore di stella Michelin, lo guardò alzando un sopracciglio.
– C’è del riso, è giallo, siamo a Milano, direi che è un risotto allo zafferano.
Il commissario colse l’ironia neanche tanto sottile e guardò la ragazza con aria scocciata, poi infilò un dito nella pentola e raccolse una bella quantità di riso che mise in bocca.
– Attento, potrebbe essere avvelenato.
Lui restò un attimo interdetto, poi sputò tutto nel lavandino e si sciacquò la bocca sotto l’acqua.
Intanto lei aveva intinto un dito nella stessa pentola e ora si gustava ridendo lo stesso risotto che il Commissario aveva sputato.
– Non faccia la spiritosa, questa è una scena del crimine e di là, in sala, c’è un morto.
– Si, con la faccia nel mio preziosissimo risotto.
Entrarono in sala attraverso le porte a ventola. Nella stanza, brulicante di personaggi in tuta bianca che prendevano impronte e facevano foto e rilievi, spiccava un tavolo al centro con un unico commensale morto, con la faccia infilata in un piatto di risotto allo zafferano.
– Lei conosceva la vittima?
– Certo. Era un mio cliente. Almeno una volta a mese veniva per mangiare l’ossobuco alla milanese. Prenotava e pretendeva di essere servito dopo la chiusura, quando il locale era vuoto. In pratica c’ero sempre solo io.
– Ma l’ossobuco alla milanese si serve insieme al risotto, i due sono legati indissolubilmente – contestò il Commissario guardando Ilaria come se fosse una pivellina.
– Già, ma questo cliente chiedeva che gli fosse servito prima il risotto, poi la carne.
– E non le sembrava strano?
– Certo, ma se lui voleva così…
– Perché prima mi ha detto che il risotto poteva essere avvelenato?
– Perché prima, mentre vi aspettavo, ho osservato il corpo e ho notato che non ha ferite o altro, quindi poteva essere morto di infarto o per avvelenamento.
– Vuole dire che è entrata in sala e ha inquinato la scena del crimine con le sue impronte? – il Commissario la guardò severo.
– Commissario – rispose Ilaria piccata – questo è il mio ristorante, le mie impronte sono dappertutto.
– Mi ripeta come è andata e come si è accorta del fatto.
– Quando è arrivato c’ero solo io, il resto del personale era già andato via.
La cantilena provocatoria di Ilaria, stufa di dover ancora ripetere tutta la storia, indispettì il Commissario che la guardò storto. Lei riprese cambiando tono.
– Gli ho servito il risotto, lui lo ha guardato con aria soddisfatta, poi io sono tornata in cucina per terminare l’ossobuco. Dopo qualche minuto mi sono affacciata all’oblò della porta della cucina e l’ho visto riverso sul piatto. Ho capito subito che era morto e ho chiamato voi.
Si avvicinò il medico legale.
– Commissario, il cadavere non presenta ferite di arma da fuoco o di altro tipo, potrebbe essere un infarto o potrebbe essere stato avvelenato, le saprò dire dopo l’autopsia.
– Visto? – gongolò Ilaria.
Il Commissario la ignorò e diede indicazioni per far portare via il corpo.
– Certo, è un peccato che quell’ossobuco si sprechi – commentò Ilaria una volta che furono rimasti soli – E’ il piatto con il quale prenderò la stella.
Il Commissario la ignorò girando pensieroso intorno al tavolo dove era stato il morto.
– Dovrò buttarlo se non lo mangia qualcuno – insistette lei – lo vuole assaggiare?
– Se non è troppo disturbo – rispose questa volta ingolosito.
– Si sieda a quel tavolo – concluse Ilaria correndo, poi, in cucina.
Poco dopo rientrò con un piatto sul quale troneggiava un ossobuco fumante, che mise davanti al Commissario.
– Sa che l’ho vista sul giornale? – Ilaria si sedette davanti a lui.
– Ah, si? E quando?
– Più di una volta, ma ne ricordo una in particolare. Anche quella volta c’entrava un ristorante, ma sto parlando di una ventina di anni fa.
– Venti anni fa? Doveva essere una bambina.
– Si, avevo dieci anni. Era il caso di un ristoratore a cui era morto un cliente per uno shock anafilattico.
– Ah si, mi ricordo, una brutta storia – e intanto si infilava in bocca un bel pezzo di ossobuco.
– Si, una brutta storia, anche perché poi emerse che il ristoratore era innocente, visto che il cliente non aveva dichiarato allergie, ma lui non lo seppe mai perché si era impiccato in carcere.
– Si chiamava Giunti – il Commissario rispondeva soprappensiero continuando a ingurgitare l’ossobuco.
– Esatto, e aveva una figlia di dieci anni, si chiamava Ilaria, proprio come me.
– Si ma la bambina si chiamava Giunti e lei Corini – poi si interruppe perplesso – ma perché mi sta ricordano proprio questo episodio adesso?
– Sapesse come è facile procurarsi un documento con un altro nome – Ilaria ignorò la domanda, ma, intanto, lui aveva smesso di mangiare.
– Cosa vuole dire?
– Io l’ho seguita, sa? Ho seguito tutta la sua carriera. So tutto di lei, che non si è mai sposato perché il suo lavoro l’assorbe troppo, che nel caso Giunti fu piuttosto superficiale pur di mettere subito un colpevole in galera, so che per questo la sua carriera ebbe un rallentamento e so che oggi era di turno per la notte.
Il commissario la guardava perplesso e vagamente preoccupato. Solo vagamente, perché ancora non aveva capito dove Ilaria volesse andare a parare.
– Vede, Commissario, io ho seguito la sua vita per un motivo – fece una pausa ad effetto – si ricorda quella ragazzina, Ilaria Giunti, che rimase orfana ed ebbe la vita sconvolta perché lei voleva fare carriera?
Inconsciamente il Commissario annuì con la testa, ormai certo che qualcosa stesse succedendo.
– Quella ragazzina sono io. Avere un documento con un nuovo nome, come le ho detto, è stato facile.
L’uomo cominciò a preoccuparsi sul serio.
– Le voglio fare una confidenza – proseguì Ilaria – anzi, una confessione: quell’uomo l’ho ucciso io. Ho messo del veleno nel risotto. Ma solo nel suo piatto.
– Per quale motivo? – la voce gli tremava leggermente per la paura di sentire la risposta.
– Ma per poterla avere qui, Commissario. Oggi era il suo turno, proprio il giorno del cliente notturno.
Era quello che temeva.
– Vuole dire che ha ucciso un uomo innocente solo per avermi qui?
– Non solo per averla qui, ma per vendicarmi. Purtroppo quello è stato un danno collaterale, come lo è stato il suicidio del ristoratore e la vita distrutta della sua famiglia. Sa che mia madre è morta di crepacuore solo un anno dopo?
Non lo sapeva.
– Verrà fuori che quell’uomo è stato avvelenato, verrà fuori che è stata lei.
– Ma Ilaria Corini fra mezz’ora non esisterà più – Ilaria si tolse la parrucca e le lenti a contatto. Il Commissario aveva ora davanti una persona completamente diversa – e io tornerò ad essere Ilaria Giunti titolare del mio ristorante “I Giunti”. In odore di stella Michelin per l’ossobuco.
Lui la guardò perplesso.
– Non cerchi di ricordare dove sia, non è a Milano.
– Ma ora che mi ha confessato tutto la ritroverò, non resterà impunita.
– Ne è sicuro? – Ilaria rise beffarda – ricorda il veleno nel risotto?
Il Commissario guardò il suo piatto dove gran parte dell’ossobuco non c’era più, poi guardò Ilaria.
Fu proprio in quel momento che crollò con la faccia sul piatto dell’ossobuco.