Venti rose rosse
Nicola Tilli
I
Venti rose rosse su un davanzale di un bagno bianchissimo dagli arredi smaltati.
Risaltano.
Lei è bellissima ma si maltratta in un angolo semibuio.
Piange e l’eco del suo pianto rimbomba nelle pareti vuote del bagno disadorno di arredi.
Solo rose.
La voce del suo bimbo è dietro quella parete.
E’ lì con i suoi giochi, fiducioso nella vita, ebbro di amore per la sua mamma.
Lei prova ad aggrapparsi a quel suono gioioso perchè sovrasti il suo pianto, ma non basta.
Compaiono pensieri strani e un presagio nefasto.
Pillole anti-tutto, depressione, apatia, stanchezza cronica, noia di vivere sono già arrivate a cingerla di un
abbraccio mortale e a confonderla.
L’ultimo giorno della sua vita, in quella sua mano sottile e delicata, così elegante, affusolata e femminile,
compaiono un paio di lamette.
Le guarda stranita come se qualcuno di nascosto gliele avesse strette, a sua insaputa, tra le dita.
Non sa più come si chiama nè cosa farà a se stessa e, prima di morire, giace già stordita nello smalto
freddo e liscio della vasca da bagno.
L’inconsapevole e dolce assopimento aumenta con la certezza del gesto insano che si sta per compiere e
la sensazione positiva che sta provocando in Lei, la rende ancor più determinata.
Non è mai riuscita a far male a nessuno, neanche a chi le ha riempito la vita di sofferenza.
E’ la punizione dei buoni: l’autolesionismo sostituisce il male che non si riesce a infliggere a chi lo merita.
Sempre dolce e rispettosa, preda facile per il mostro, un marito pieno di sé, disonesto, fedigrafo, fastidioso,
padre mancato e sparito, sbagliato in tutto.
Ora, con la stessa gentilezza, vuole scomparire nell’ombra di una silenziosa sofferenza. Lui può al
massimo essere bersaglio di un’inutile domanda: come ho fatto?
..Un giorno, su quell’altare, con quell’animale?
Domande inutili per smarcarsi dal giogo di pensieri insostenibili.
Ora sei sola.
Il tuo bimbo non lo senti più ridere o piangere, gioire o soffrire, non senti il suo bisogno ancestrale di te
altrimenti non saresti sul bordo di una vasca con quelle lamette, via di fuga da un’esistenza che ti fiacca
senza requie.
Il passaggio è leggero, flebile, quasi gentile e fa il suo dovere: l’afflizione del corpo raggiunge quella
dell’anima e il loro ricongiungimento nel dolore è perfetto.
Mentre muore, ha la sensazione di aver raggiunto una meta agognata con uno scatto di orgoglio che le
ha dato il coraggio del gesto.
Una ciocca di capelli neri e lucenti scivola adagiata su uno sfondo bianco laccato: si abbandona sul bordo
vasca, come se la stanchezza eterna l’avesse cinta per anni in vita e ora la morte la sollevasse da quella
fatica.
E venti rose rosse cominciano ad appassire ingiallendo giorno per giorno.
Un bimbo sospettoso sente un silenzio irrispettoso della sua voglia di vivere; nessuna voce di mamma
risponde.
Il silenzio rimbomba quando la piccola voce insiste nella ricerca di una risposta d’amore che non giunge
e il suo significato è più orribile della morte che sta lì dietro.
La piccola mano sposta la leggerissima porta a vetri, un nasino si insinua dietro la tenda della vasca e
l’orrore che scopre è la scena di un nastro che si riavvolgerà in un loop continuo per sempre, senza
fermarsi mai più.
Non esiste il tasto “stop” e quella scena troneggia nella camera oscura di un piccolo cervello: tutto è
disumano, ingiusto, incomprensibile e quella è, all’istante, la Sua stessa morte in vita.
Il futuro è un buio malefico e ora venti rose sono rosse, ma di sangue.
II
Quando una rosa rossa cade
è il cuore di una donna che si spezza?
Petali leggeri e delicati fluttuano per un attimo, dando peso all’aria, poi si depositano dolcemente per
terra. E’ il nostro cuore affranto che, senza fare rumore, in silenzio, si adagia nel nostro petto e lì rimane
a contemplare le nostre sofferenze?
A dire il vero io non ho mai cercato il rispetto della donna umiliata e delusa dal proprio amore: quella è
compassione.
Non voglio neanche finte gentilezze che, in epoca di parità di genere, mirino a compiacermi in quanto
donna e così finiscano per trattarmi come diversa: questa è tendenza modaiola.
Vorrei solo vivere in modo normale senza dover quotidianamente sottolineare nulla che differenzi l’uomo
dalla donna perché entrambi siamo esseri umani.
Vorrei provare la sobrietà dell’assenza di steccati o classificazioni ma è impossibile perché ogni giorno c’è
un lui che ci ricorda che siamo delle lei.
Quello che odio di più non è la violenza esplicita animalesca di chi, per differenza di stazza,
conformazione e forza fisica, esprime così la sua prepotenza.
Gli orchi, che pure esistono, sono pochi rispetto ai fatti quotidiani a noi avversi.
Odio di più la violenza spicciola, il sottinteso che esprime la (falsa) primazia del maschio, la donna di
comando che quando parla ai suoi dipendenti riceve sguardi di compatimento, mentre se lei è lì, essendo
20 volte più difficile statisticamente rispetto a un uomo è perché è stata 20 volte maledettamente più in
gamba dei concorrenti dell’altro sesso al ruolo di manager.
Odio lo sguardo mercificatore che ti squadra e si incolla alle tue natiche come a una cosa da possedere
prima ancora di avere avuto un contatto umano degno di tale nome.
Questo è il pane quotidiano da sopportare.
Facile poi che ognuno difenda la sua parrocchia di genere, politica, religiosa.
Io voglio invece vedere uomini che ci difendano con orgoglio e convinzione, carpendo i nostri bisogni,
immedesimandosi nella nostra sensibilità.
Guarda la fine che ho fatto, amore mio, morta senza colpa in una vasca da bagno.
Può forse finire così? Una bella rosa, piena di colore, simbolo di gentilezza può forse farsi del Male?
Come hai potuto pensare che io possa averti abbandonato?
Venti rose sono appassite da quel giorno e ora 20 02 2020, giorno palindromo, finalmente ti compaio in
sogno, puoi comprendere quello che è successo e fare ciò che è giusto.
Le lamette erano di un rasoio da barba maschile e io, lo sanno tutte le mie amiche, ho eseguito
un’epilazione totale che non necessita di ulteriori trattamenti così radicali; le mie lamette erano chiuse
nello scaffale del bagno: sono più delicate (come una rosa) e non possono incidere i polsi.
Investigatori incompetenti!
Pensaci tu, amore mio: non c’è niente di più semplice per sviare le indagini che simulare un classico atto
di autolesionismo; in realtà tuo padre aveva ancora le chiavi di casa; per questo non hai sentito nessuno
entrare e uscire e sei diventato il testimone innocente del suo alibi perfetto.
III
Il mattino seguente al sogno, un giovane uomo stanzia di fronte a una lapide del cimitero.
Alza gli occhi al cielo e scrive, tra righe di pioggia, parole immaginarie: “caro Papi è il 2020 a Milano è
iniziato in modo strano. Sono già dieci anni che mamma non c’è più”.
Poi si gira e, dando le spalle alla lapide, controlla che spiova, per posare 20 rose rosse che fondano un
solido legame materno.
“Troppo tempo è passato senza significato come sabbia tra le mani. Ora ce n’è uno preciso: Papi, spera
di morire di pandemia o che ti trovi la polizia perché, se ti troverò io, la tua pena sarà 20 volte più dolorosa.
Ora inizia la caccia”.
(continua con parte 2: La caccia)