Su Il Fatto Quotidiano le nuove uscite ExCogita per il centenario, in particolare il volume Imputati tutti. “La solita zuppa”: Luciano Bianciardi a processo, con il racconto accusato nel 1965 di oscenità e vilipendio e la ricostruzione della vicenda processuale. Ecco un estratto dall’articolo di Massimo Novelli.

L’ultimo incontro di Gesù con gli apostoli, che gli esegeti vogliono farci passare per un convegno omofilo, fu in realtà un’orgia alimentare, nella quale si rievocava, simbolicamente, il tabù del cannibalismo. So che mi daranno addosso, per questa affermazione, ma quell’incontro fu una vera e propria cena. L’ultima cena, dobbiamo pensarla così, anche se l’iconografia ufficiale ha scelto l’altra, più comoda ipotesi. E le sue parole furono: «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo.»
Presi il piatto, lo posai sul tavolo, mi sedetti, afferrai il cucchiaio. Signore, pensavo, perché non ritorni fra noi?

Così Luciano Bianciardi (Grosseto 1922 – Milano 1971) concludeva nel 1965 La solita zuppa, uno dei racconti (compresi in un’antologia edita da Sugar) più graffianti dell’Italia dell’epoca, quella degli ultimi fuochi del Miracolo economico, tra potere democristiano e clericalismo, ma prossima al Sessantotto; un’Italia che lo scrittore aveva messo a nudo nel 1962 ne La vita agra. Nella Solita zuppa mette, invece, alla berlina un Paese che denuncia i film di Pier Paolo Pasolini, caccia Lucio Mastronardi, autore di Il maestro di Vigevano, dall’insegnamento e si oppone al divorzio. Lo fa immaginando che il tabù non sia il sesso, ma il cibo.

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