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Da L’Espresso del 31 ottobre 2021, ecco un estratto dell’articolo di Giuseppe Catozzella in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Luciano Bianciardi.

 

“Il 14 novembre saranno cinquant’anni che se n’è andato Luciano Bianciardi, una meteora schiantatasi rumorosamente sul mondo letterario del dopoguerra, ma integrato, mai canonizzato, dissacratore per professione, sempre respinto e respingente.

Grossetano nato nel 1922, lo stesso anno di Fenoglio e Pasolini, un anno prima di Calvino e uno dopo Sciascia e Mario Rigoni Stern; dieci anni dopo Elsa Morante, sei dopo Natalia Ginzburg, quattordici dopo Elio Vittorini e Pavese. Con loro, gli scrittori degli anni Venti, è accomunato dall’aver attraversato in un pugno d’anni enormi traumi storici e le più diverse stagioni culturali. Cresciuti col fascismo, partono per la guerra, al ritorno conoscono il neorealismo, maturano nel pieno del Miracolo italiano perdendo –tutti— le speranze di una palingenesi covate nella giovinezza. Ma Calvino e Pasolini si sollevano per così dire sopra il flusso della Storia, pretendendo di osservarla dall’alto; Bianciardi ha programmaticamente fatto l’opposto, di entrambi schernendo il lavoro di costruzione di un mito personale. Convinto, forse come solo Elsa Morante, dell’impossibilità di sporgere lo sguardo sopra lo scorrere degli eventi, se n’è sempre lasciato immergere e trascinare, a braccia alzate nella corrente inarrestabile, mantenendo miracolosamente la testa fuori, e con occhi uncinati ha raccontato ciò che la Storia incideva sul suo corpo.

Bianciardi è il meno novecentesco di tutti gli autori, la sua lingua è prensile e mimetica, allo stesso tempo a-letteraria e tanto letteraria da sparire, il suo classicismo è talmente ben mimetizzato, dotto e popolare allo stesso tempo, da richiamare lo stile antiretorico di Giacomo Noventa: come Noventa coglie le metamorfosi senza smettere di essere un uomo tra gli uomini, e i suoi romanzi sembrano scritti oggi. Nel dibattito novecentesco tra autori della Torre d’avorio e autore engagé, Bianciardi riesce a stare nel mezzo.”