Sul Corriere della Sera, la storia di Simone Leo, da antisportivo a ultramaratoneta, raccontata nel suo libro Spostando il limite, edito da ExCogita nel 2019.

Dai ghiacci del Minnesota al deserto della Valle della Morte, dalla giungla brasiliana alle colline delle Langhe. Di corsa. «L’ultramaratona è una metafora della vita: non bisogna arrendersi davanti alle difficoltà», si presenta così Simone Leo, 43 anni, residente a Cinisello Balsamo. Ferroviere di professione («guido i treni»), e maratoneta per passione. «Sono l’unico al mondo ad aver completato le Seven Sisters, le 7 gare su strada più dure del pianeta. Eppure, non mi sento un atleta. Ho un approccio serio, ma resto un pigro. La fatica mi piace solo in gara: la sfida è mentale. Ho una vita caotica, un bimbo piccolo, non seguo una dieta ferrea: sono un cacciatore di emozioni estreme». Per Simone le ultramaratone non sono gare ma viaggi: «Uno stile di vita. La competizione è con me stesso, l’importante è raggiungere un obiettivo contro ogni difficoltà».

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